2013 // Benin

Introduzione

28 marzo 2019

Quel viaggio in Benin nel 2013 partiva da una esigenza specifica. A cui poi si sono attanagliate altre esigenze. E domande. E dubbi. Tanto che ci ho messo anni a metabolizzare tutto quello che ho visto, ed ancora ne ho di cose da ripensare.

Iniziamo col dire che il Benin non è l'Africa. Un errore che ritrovo spesso, in tanta gente (e quasi sempre in buona fede) è pensare che una porzione di un continente rappresenti tutto il continente. Come se una casa rappresentasse tutta una città. L'Africa è talmente vasta che il Benin ne è solo una piccola porzione. Dinamiche che accadono in altri posti non si trovano in Benin. E cose che si vedono e fanno in Benin non si trovano in altre zone dell'Africa. Prendiamo uno stereotipo: dici Africa e pensi al deserto. Ma il Benin non è così, di deserto ce n'è veramente poco: è un Paese verde (molto a sud, un po' meno a nord).

Con le foto che trovate in queste raccolte vorrei farvi vedere ciò che è stato, ai miei occhi, il Benin. Partendo dalla natura (il Benin ha un buon potenziale turistico-naturalistico, se solo si organizzassero per sfruttarlo), addentrandosi poi nei villaggi, percorrendo le strade, vero flusso vitale di questo Paese, per arrivare al mercato, lo snodo fondamentale della settimana. Tanto che, dice, i beninesi non contano i giorni della settimana come noi (lunedì, martedì, ...) ma contano i giorni che sono passati dall'ultimo mercato o quelli che mancano al prossimo mercato. Finisco poi con alcune foto raccolte qua e là, il cui unico legame è esser state esperienze che mi sono rimaste impresse.

Non ho la pretesa, con questi scatti e queste parole, di raccontare questo Paese ed il suo popolo (fiero ed estremamente accogliente): voglio solo aprire una piccola finestra su questo mondo

Chi è il Benin

Lo so, sarebbe più corretto titolare "Cosa è il Benin", ma un Paese rappresenta anche il suo popolo, le persone che lo abitano e lo rendono vivo, e allora preferisco usare il "Chi". Le info geografiche e storiche dettagliate le lascio a Wikipedia, che è più accurato di me. Qui riporto solo alcune mie impressioni, consapevole che sono personali e non definitive.

La prima impressione è stata quella di trovarsi in un paese di pazzi: per strada (se si potevano definire strade) trovavi scooter e motorini a destra, sinistra e - ci manca poco - sopra e sotto. Su ogni mezzo da 3 a 5 persone con bambini fasciati addosso e carichi di roba.

Visitando i villaggi, mi son reso conto che esiste ancora la cultura tribale (col capo villaggio) e spesso aleggia un'aura di magia e superstizione. Nel Benin vivono molte religioni: è anche una delle culle da cui è nato il VooDoo; hanno un tempio dove adorano il Dio-Pitone (una divinità che, trasformandosi in grosso serpente, scacciò i nemici e salvò una tribù). Magia e religione si trovano anche al mercato, coi banchini che vendono oggetti e animali per vari rituali. Ci sono persone che - mentre scatti loro una foto - non sorridono, tengono la bocca ben serrata: pensano tu possa rubar loro l'anima. E c'è grande rispetto per gli alberi, perché - secondo alcune credenze - nei loro tronchi risiedono le anime dei defunti.

Ci ho pensato bene: non tutto, ma molte cose le ho ritrovate nei racconti dei miei nonni e genitori: la superstizione, l'attaccarsi alla religione, la povertà che ti fa dare piorità diverse alle esigenze: è l'Italia di 3-4 generazioni fa, quella di inizio 1900.

Ed ho scoperto che i beninesi - nella loro semplicità - sognano le stesse cose che sognavano i nostri nonni: una vita migliore per loro stessi, ma soprattutto per i loro figli. Non rinnegano l'istruzione (e lo Stato fa molto per portare i bambini a scuola), ma la vivono come la vivevano i nostri vecchi (prima la sussistenza col lavoro nei campi, poi la scuola - perché se non c'è cibo per mangiare, è inutile andare a scuola). Sono persone gentili ed estremamente accoglienti, sempre sorridenti, fiere e determinate. Manca loro, forse, solo un boom economico come accadde all'Italia dopo la seconda guerra mondiale :-)

Dove sono stato

Nonostante il Benin "misuri" un po' meno della metà dell'Italia, non ti bastano 20 giorni per visitarlo per bene. Il mio viaggio, però, prevedeva lunghe soste in alcune zone, con qualche capatina in qua e là. Sono rimasto soprattutto nella zona meridionale del Benin, abbastanza vicino all'oceano.

Le due basi dove ho soggiornato sono state la cittadina di Azovè e la cittadina di Akodéha. Ero ospite di amiche, inseme ad altri amici venuti tutti dall'italia (se volete saperne di più, leggete il "perchè"). Akodéha, dove siamo stati 12 giorni, è vicina al lago Aéhmé, lungo il quale abbiamo visitato alcuni villaggi e - sì, ci sono anche lì - un ristorante turistico e resort. In poco tempo si possono raggiungere sia Grand-Popo, sull'oceano, sia Ouidah, col suo Tempio dei Pitoni, il vecchio forte portoghese (ora museo), la Porta del Non Ritorno (dove venivano imbarcati gli schiavi). Gli altri otto giorni siamo stati ad Azovè e da lì abbimao visitato altri villaggi nella foresta, ma anche città come Abomey, oltre ad un ospedale ed un santuario (di cui, purtroppo, non ricordo il nome)

Solo una nota: non eravamo lì per turismo, ma ci faceva piacere vedere tutto quello che ci circondava, città, villaggi, ed ogni cosa. Era, per me, tutto decisamente nuovo e - me ne sono accorto riguardando queste foto - a volte mi son trovato a scattare in modo compulsivo, volendo raccogliere tutto ma senza porre attenzione a come scattavo.

Perché questo viaggio?

Ci sono vari motivi: curiosità, voglia di scoperta, avventura, e desiderio di conoscere determinate persone. La motivazione più intensa è stata l'ultima: volevo conoscere due ragazzi per i quali ho una adozione a distanza.

Un sito web non è il luogo adatto per parlare di queste cose: non racconterò dettagli o aneddoti sull'incontro. Però posso accennarvi poche semplici cose che permettono di inquadrare meglio il viaggio.

Come detto in "Dove?", il gruppo con cui sono stato in Benin non era un grupppo turistico. Per tutti lo scopo principale era scoprire la realtà dove operavano le nostre "guide", coloro che ci ospitavano e che gestiscono due "case" (dove siamo stati), una scuola e, ovviamente, le adozioni. Volevamo, insomma, conoscere un po' quella terra e le persone che la abitano e rendono viva. Prima di giudicare, volevamo vedere e provare a capire. Il viaggio, insomma, era per conoscere meglio quella terra, chi la abita e chi ci opera.

Sono le "Sorelle Apostole della Consolata" a gestire le strutture e le adozioni. Le conosco da tanto tempo e so quanto siano serie e precise. Non sono andato per controllare dove vanno a finire i miei soldi: mi fido di loro. Oltre a capire come il mio contributo aiutasse le persone, avevo anche piacere di conoscere la famiglia che aiutavo. E' stato un bell'incontro, che mi ha confemato ancora una volta la grande ospitalità e gentilezza di questo popolo. Non troverete qui, però, le foto dell'incontro: è una cosa che - almeno per ora - voglio rimanga mia e, al massimo, di persone a me intime. In futuro chissà, magari ...